“L’occhio moltiplicatore del cinema” di Danilo Amione

, , , , ,   

“L’occhio moltiplicatore del cinema” di Danilo Amione per Mimesis Edizioni

@Agata Motta, 10 novembre 2023

Si può amare il cinema e divenirne semplicemente assidui consumatori e divulgatori oppure si possono disseminare tracce e segnali di questo innamoramento nel proprio vissuto e nel proprio lavoro.
Con L’occhio moltiplicatore del cinema, Mimesis edizioni, Danilo Amione, docente di Storia del cinema e del video e critico cinematografico, compie un’immersione profonda nel suo elemento naturale e conduce i lettori ad attraversare un secolo di cinematografia con gradevole finezza e acume critico. Il testo, supportato da un ampio apparato bibliografico, è costituito da brevi saggi, originariamente pubblicati su varie riviste di settore, raggruppati seguendo un preciso criterio: lo “sguardo degli autori”, ritenuti fondanti, sulla settima arte; lo “sguardo sugli autori” che hanno lasciato un solco profondissimo e prolifico; il “cinema rivisitato”, ampia sezione su alcune tematiche forti trattate da diversi registi con punti di vista originali; una parte sulla televisione intesa come “altra lettura filmica della realtà” e infine uno scritto su Gilles Deleuze e la sua” nuova interpretazione dell’immagine”.
La scelta operata dall’autore rende il testo agile e favorisce una consultazione libera e disordinata, si può vagare tra le pagine alla ricerca di film, temi ed autori assecondando interessi personali o lasciarsi incuriosire e sedurre da nomi meno noti e frequentati. Il saggio rappresenta dunque un approfondimento culturale ricco di stimoli per i cinefili ma anche un utile strumento di orientamento per neofiti a caccia di nuove sollecitazioni.
Amione insiste su cineasti a lui particolarmente cari (Roberto Rossellini, Pier Paolo Pasolini, Marco Ferreri, Ermanno Olmi, giusto per citarne alcuni), non solo per indagarne linguaggio filmico e motivi conduttori ma per indicare quanto siano imprescindibili per le generazioni future e anche per la propria formazione umana e professionale. Un velo di ammirazione e di gratitudine pervade le pagine senza per questo edulcorare analisi sempre accurate condotte con uno stile semplice e chiaro e con una scrittura piana ed essenziale in cui il ritmo serrato dell’argomentazione si accompagna a quello affabile della narrazione, perché alla necessità del ragionamento si accompagna sempre e comunque il piacere di raccontare.
Sulla peculiarità, che appartiene al cinema come alla letteratura, di farsi specchio riflettente e/o deformante della società l’autore scava con particolare perizia, restituendo al lettore sintetiche ed illuminanti interpretazioni. Di particolare interesse in tal senso la sezione dedicata agli anni ’60 che Amione individua come snodo fondamentale in cui la ripresa economica e l’affermazione dell’uomo a una dimensione (quella del consumismo individuata da Marcuse) porta ad una grande mutazione gravida di conseguenze. I film proposti inscenano la cancellazione o la rivisitazione in chiave nostalgica del rapporto uomo-natura e mostrano brandelli urbani magari più poveri ma più sani, in cui ritrovare “gli ultimi lembi di umanità”. Borghesia e proletariato diventano banco di prova per artisti che hanno precorso i tempi nell’indicare l’abisso cui l’Occidente con i suoi disvalori è destinato a fare i conti.
La parte più corposa del saggio è riservata a tematiche di grande interesse esplorate da più angolazioni, in cui è sempre l’uomo a stare al centro con “la propria esistenza in bilico” e con il proprio scomodo “stare nel mondo”. La politica, le relazioni sociali, l’ipotesi della felicità, il divino entrano con prepotenza nei percorsi individuali di personaggi che non si riconoscono nel proprio tempo, che vivono conflitti interiori o si nutrono di ideali irraggiungibili. Anche chi vive in una condizione di esclusione deve subire il sopruso del Tempo che “esiste solo in relazione a ciò che siamo e che ci aspettiamo dalla vita” e che permea comunque con il suo implacabile incedere scelte e condotte.
Attraverso le parole dell’autore ecco sfilare davanti ai nostri occhi i film dei grandi maestri del cinema francese, come François Truffaut e Claude Lelouch, di quello tedesco, come Wim Wenders, di quello britannico, come Peter Greenaway o di quello americano, dal magnifico sguardo su colpe, responsabilità e destini di Clint Eastwood, alla voce destabilizzante di Stanley Kubrick e a quella distopica e tecnologica di Steven Spielberg per poi passare a Brian De Palma, Robert Zemeckis e a tanti altri ancora.
L’ampio respiro che sorregge il testo porta l’autore ad inserire artisti che implicano il confronto con mentalità e valori diversi legati al territorio che li ha generati, come accade con l’Iran di Bahman Ghobadi, di Mohsen Makhmalbaf e di Jafar Panahi.
Amione definisce il proprio metodo di indagine “olistico” e afferma, nell’introduzione al volume, che gli artisti proposti sono assai diversi tra loro “ma tutti egualmente proiettati nel racconto della realtà, individuale e collettiva, colta nella sua molteplicità, attraverso il linguaggio cinematografico, per sua natura universale, e per questo prima forma di “buona” globalizzazione nella storia culturale dell’umanità”.

Danilo Amione
L’occhio moltiplicatore del cinema
Prefazione di Dario Tomasi
Mimesis edizioni
pp.171
€ 16,00

https://www.scriptandbooks.it/2023/11/10/locchio-moltiplicatore-del-cinema-di-danilo-amione-per-mimesis-edizioni/

anche su Articolo21

https://www.articolo21.org/2023/11/locchio-moltiplicatore-del-cinema-di-danilo-amione-per-mimesis-edizioni/

“Un giorno questo dolore ti sarà utile” di Peter Cameron

, , , ,   

La corsa risibile del mondo. “Un giorno questo dolore ti sarà utile” di Cameron, ed. Adelphi

@ Agata Motta, 1 novembre 2023

Un titolo assolutamente perfetto e irresistibile che attinge alla saggezza latina per consegnarla alla frenesia del presente. Con un titolo diverso, Un giorno questo dolore ti sarà utile, il romanzo di Peter Cameron edito da Adelphi, forse non avrebbe volato così alto e non avrebbe goduto di una presenza così pervasiva. Non si tratta di una lettura deludente, il dolore gelido eppur sanguinante che ne percorre le pagine, non è di quelli che può indurre indifferenza, ma probabilmente è proprio da quella frase che scaturisce il fascino che accompagna il lettore alla ricerca di indizi che possano condurre a trovare l’utilità promessa. Ed è ovvio restare intrappolati in quelle parole, perché a tutti capita prima o poi di incappare in un dolore insopportabile, di dover sorreggere macigni su spalle troppo deboli, di affrontare agonie corrosive, di avvertire i morsi della disperazione e nessuno si sottrae all’illusione di poter individuare alla fine la funzione e il senso di tanta sofferenza.
Cameron naturalmente non la indica questa benedetta utilità, la lascia intravedere in un futuro che il giovanissimo James non racconterà, conficcato in un difficile percorso di crescita interiore nel quale il domani rappresenta una grossa incognita da decifrare giorno dopo giorno. Qualcosa nell’insofferenza per le ipocrisie e le convenzioni sociali riporta alle atmosfere de Il giovane Holden, ma se quello di Salinger è romanzo di formazione, in Cameron il processo appare bloccato e non sembra che le esperienze vissute, talvolta provocatorie e trasgressive, producano vistose risonanze nell’interiorità di un personaggio sotto certi aspetti insondabile, specie quando aspetta passivamente che si manifestino gli effetti del suo agire o del suo ipnotico torpore.
La narrazione in prima persona, che concede ampio spazio a dialoghi efficaci, consente un’adesione immediata allo sguardo triste del protagonista. Adottare il suo punto di vista significa guardare il mondo da un’altra angolazione, quella di chi non si adatta alle dinamiche relazionali ritenute “normali”.
Quella di James è una famiglia complicata come tante altre, genitori separati, una sorella lontana e assorbita dai suoi piccoli problemi che ogni tanto concede barlumi di complicità, una nonna saggia e originale che è l’unica capace di ascoltarlo e soprattutto di accettarlo senza pretendere di cambiarlo. La madre passa da un matrimonio all’altro ‒ l’ultimo si concluderà durante il viaggio di nozze ‒ alla continua ricerca di un amore che possa colmare il suo vuoto, il padre osserva un po’ discosto questo figlio nel quale intravede con timore la diversità. A modo loro entrambi pensano di amarlo e non riuscendo a sintonizzarsi con il suo universo lo spingono a sedute di psicanalisi sterili ed inconcludenti.

Peter Cameron

James lavoricchia nella galleria d’arte della madre (ma cerca ossessivamente su Internet case nelle quali far dimorare la sua inquietudine) in attesa di accedere a studi universitari che non vuole intraprendere, ma verso i quali tutti lo spingono a forza come se quella di proseguire gli studi fosse una scelta ineluttabile. La rappresentazione del piccolo spaccato della galleria, quasi sempre deserta, è caustica e a tratti esilarante. L’ultima esposizione è quella di un artista giapponese che propone bidoni della spazzatura a 16.000 dollari l’uno e James sembra l’unico a mostrare qualche perplessità sulla presunta genialità dell’operazione, proprio lui che dall’angolino seminascosto del suo “disadattamento” elabora un pensiero razionale sulle mistificazioni presenti nel mondo dell’arte. Lì stringe amicizia con John, l’altro impiegato, ma anche questa sarà un’esperienza fallimentare e dolorosa, perché priva di una presa di coscienza reale del particolare approccio con il mondo esterno cui il ragazzo è costretto dai tortuosi percorsi della sua mente. Uno scherzo finito male, o forse sarebbe più corretto dire un vero e proprio tentativo di adescamento online, produce una serie di reazioni a catena che portano James al riconoscimento della propria omosessualità, dettaglio in fondo per lui insignificante.
Pian piano tutto si ricompone lasciando addosso al lettore un senso claustrofobico di prigionia. Si intuisce che James continuerà a vagare in un labirinto senza alcuna volontà di trovare vie d’uscita e che il disagio continuerà a camminargli a fianco. Più che alle persone, James attribuirà agli oggetti, quelli appartenuti alla nonna, il compito di una utilità futura, muti residui di ore serene, muti testimoni non giudicanti che sanno aspettare. Il mondo fuori invece continuerà la sua corsa, lasciando ai margini chi non riesce a mantenere il ritmo e chi procede con andatura anomala. Tanti, troppi. Arriveranno ugualmente sperimentando altre soluzioni, ma forse il loro dolore non sarà stato utile come sperato.

Peter Cameron
Un giorno questo dolore ti sarà utile
Adelphi Edizioni
pp.206
€ 12,00

https://www.scriptandbooks.it/2023/11/02/la-corsa-risibile-del-mondo-un-giorno-questo-dolore-ti-sara-utile-di-cameron-ed-adelphi/