“Tre desideri” di B. Moor

AL PASSAGGIO DI UNA NUVOLA….

“Tre desideri” di Ben Moor, regia di Mauro Parrinello. Teatro Libero di Palermo

di Agata Motta

Forse è meglio così, che la cara vecchia terra continui a ‘provvedere’ ai suoi sei miliardi di inquilini, limitandosi ad uno sguardo affettuoso proiettato sullo scenario immenso dell’infinito. Non è un caso, infatti, se i due protagonisti di Tre desideri di Ben Moor inizino e finiscano il loro percorso dentro un planetario, entrambi affascinati dalla calotta celeste e da un altrove percorribile solo con l’immaginazione.

Il Teatro Libero di Palermo ospita per la prima volta in Italia un testo di Ben Moor, interessante ed acclamato autore britannico che Mauro Parrinello (anche regista dello spettacolo), ed  Elisa Benedetta Marinoni (anche traduttrice), interpretano con leggerezza e disinvoltura. L’occasione narrativa è surreale: il passaggio di una nuvola di natura non identificata produce lo strano fenomeno dei “tre desideri” che ogni essere umano ha la possibilità di realizzare. » Read more

intervista su Cataniaperte

 

Intervista con Agata Motta
di Carmelo La Carrubba

 

  Nella foto Clara Gebbia, regista dello spettacolo Viaggio nei tuoi occhi

Il 9/10/11 aprile va in scena al Teatro Libero di Palermo lo spettacolo “Viaggio nei tuoi occhi” regia di Clara Gebbia su testo della giornalista e scrittrice Agata Motta. Centrale è la figura della madre nello spettacolo nella constatazione che essa si può comprendere e conoscere solo quando si diventa madri. La drammaturgia si sviluppa attraverso tre personaggi o, se volete, tre diversi modi di essere madre: l’autrice affronta tre aspetti fondamentali dell’essere o non essere madre: quando una malattia invalidante non le fa ricordare che ha una figlia; quando la figlia tenta di diventare madre o, infine, di una donna che dialoga in chat della mancata maternità. Sono pensieri di grande attualità per chi li vive ma che conservano echi di risonanze antiche.
Prima dello spettacolo abbiamo rivolto delle domande all’autrice:
D. Puoi dire qual è la parola chiave che con insistenza è diventata la sintesi della sofferenza quotidiana e sta alla base di questo tuo lavoro teatrale?
R. Come spesso accade nei miei lavori, una o più parole si affacciano con ostinazione nelle mie giornate a chiedere attenzione. In questo lavoro la parola chiave è senz’altro “madre” e intorno ad essa ruotano le storie delle tre donne protagoniste, storie di dolore quotidiano che sanno trasformarsi in ariose speranze e che riescono a suscitare persino il riso. Se volessi sintetizzare in una frase il succo della storia o la morale della favola potrei dire che i figli, se ci vogliamo bene, sarebbe meglio non farli, ma una volta fatti diventano la parte migliore di noi.
D. Madri, genitori, figli sono i protagonisti – con la loro presenza o assenza – della vita di ognuno di noi. Sicuramente anche della tua vita: E’ così?
R. Certo, è così. Non posso nascondere che all’origine del mio lavoro ci sono delle esperienze che mi appartengono, come la gravidanza arrivata in età matura o il rapporto irrisolto con la malattia di mia madre o la constatazione di quanto i social network stiano stravolgendo le relazioni sociali trasformandole in qualcosa di “liquido”, per usare un’espressione celebre del sociologo Bauman. L’idea di scoprirmi sulla scena, di mettere a nudo parte della mia vita però mi imbarazzava molto, così ho preferito cogliere solo degli input e procedere su un terreno del tutto diverso, lasciando che i personaggi scegliessero direzioni diverse ma dando loro in prestito le mie emozioni reali.
D. Il lavoro con la regista Clara Gebbia nell’impostare un linguaggio scenico si sarà presentato ricco di creatività ma anche di difficoltà. Ne vuoi parlare?
R. L’incontro con Clara Gebbia è stato subito speciale e quasi magico, perché abbiamo scoperto di avere moltissimo in comune, la stessa determinazione, la stessa voglia di esplorare i meandri dell’animo umano. L’aver trascorso alcuni giorni con lei durante le prove mi ha consentito di far aderire perfettamente il testo alle esigenze sceniche. Clara ha una concezione originalissima del teatro, indissolubilmente legata al canto (rigorosamente a cappella nelle bellissime voci di Nenè Barini, Germana Mastropasqua e Alessandra Roca); inoltre lavora con una compositrice eccellente, Antonella Talamonti, e con lei ha impostato un controcanto mitico (in un suggestivo greco antico) legato alle Moire. Parole e melodia si sostengono vicendevolmente, si danno significato, si rincorrono, si oppongono in un insieme di grande effetto.


 

Presentazione “C’era un piano” di O. Sellerio e N. Vetri; regia G. Borruso

C’E’ PIANO E PIANO

Al Biondo di Palermo, un progetto ideato da Olivia Sellerio, regia di Gigi Borruso

di Agata Motta

Il direttore dello Stabile palermitano, Roberto Alajmo, definisce “sfizioso” il progetto che il Biondo ospiterà dal 13 al 17 aprile alla sala Strehler. Si tratta di C’era un piano, spettacolo nato da un’idea di Olivia Sellerio, che ne ha scritto i testi insieme con Nino Vetri e che è anche l’interprete delle canzoni. Il regista Gigi Borruso (anche in scena con Simona Malato) spiega che il lavoro è cresciuto soprattutto in assetto laboratoriale, per mettere in luce le diverse esigenze dello spettacolo – musica e narrazione – e per armonizzare i due piani della scrittura, quello della Sellerio e quello di Vetri.

http://www.inscenaonlineteam.net/index.php?option=com_content&view=article&id=3452:agata-motta-ce-piano-e-piano-al-biondo-di-palermo-uno-progetto-ideato-da-olivia-sellerio&catid=3:articoli-sicilia&Itemid=4

Intervista alla Compagnia Umane Risorse.Tra gli spettacoli prodotti dalla compagnia anche Viaggio nei tuoi occhi di Agata Motta

Umane Risorse, il teatro tra musica e rito

Una intervista a Clara Gebbia ed Enrico Roccaforte

Pubblicato il 07/04/2016 / di / ateatro n. 158 / 0 commenti /
Il Rosario, lo spettacolo di Umane Risorse, sarà al Teatro India dal 12 al 14 parile 2016. Per l’occasione, un breve autoritratto della compagnia in forma di intervista.

Clara Gebbia e Enrico Roccaforte (foto di A. Primavera)

Come nasce la compagnia Umane Risorse?

Clara Gebbia ed Enrico Roccaforte Il nulceo artistico Umane Risorse è nato originariamente dal nostro incontro come registi con Antonella Talamonti, compositrice, sul finire del 2010, con il desiderio di far dialogare musica di tradizione orale e teatro contemporaneo. Noi siamo entrambi palermitani e amici da oltre 15 anni, quindi ci siamo sempre confrontati nel nostro percorso teatrale, in cui abbiamo anche competenze diverse: Clara organizzatrice/produttrice e Enrico attore e formatore. Nel suo percorso la compagnia ha incluso altri collaboratori tra figure artistiche e tecniche. Con Umane Risorse conduciamo da cinque anni una ricerca sonora e teatrale che si concentra sul continuum di possibilità che esiste tra il canto e la parola. Abbiamo dato vita a spettacoli teatrali in cui la musica della parola e quella del canto si affiancano e a tratti si sovrappongono. Vogliamo raccontare il mondo di oggi e i suoi conflitti sociali, in particolare indagando le dinamiche del potere, le sue storture e l’effetto che questo ha sulle vite degli uomini, con una particolare lente d’ingrandimento: il rapporto tra l’uomo e il rito, in una continua dialettica tra passato e presente.

Rosario

Rosario

Nella creazione degli spettacoli, qual è l’equilibrio che si crea tra voi due?

Clara Gebbia ed Enrico Roccaforte Il processo creativo cambia sempre in funzione dello spettacolo e viene continuamente rimesso in gioco a ogni ripresa: i nostri spettacoli hanno bisogno di una preparazione molto complessa e come tutti si perfezionano lungo il cammino, forse richiedendo un tempo un po’ più ampio del teatro di prosa. Nel Rosario abbiamo trovato nel piccolo testo di De Roberto gli elementi che ci interessavano e abbiamo deciso di riscriverlo e riadattarlo alle nostre esigenze. Poi sullo scheletro della drammaturgia abbiamo coinvolto Antonella Talamonti che ha portato le sue competenze musicali attingendo alla musica tradizionale e scrivendo nuovi brani appositamente per lo spettacolo. Con gli attori il training è sia fisico che vocale e la preparazione è molto dura e costante e richiede una grande precisione musicale, di movimento e di parola.
In Paranza il miracolo il procedimento è stato diverso perché il progetto è stato scritto a più mani da Gebbia/Roccaforte/Talamonti insieme con una dramaturg, Katia Ippaso, che ha seguito tutto il processo creativo, registico e improvvisativo degli attori e in varie tappe ha continuato a riscrivere la drammaturgia dello spettacolo e le liriche dello stesso fino al debutto palermitano del 2015 con la produzione del Teatro Biondo e del Teatro di Roma, dopo avere già vinto, con la prima versione del lavoro, il Premio Teatri del sacro nel 2013.

Apocalisse

Apocalisse

Nel vostro lavoro la musica (e soprattutto il canto) hanno un ruolo cruciale. All’aspetto musicale è legata l’attenzione al rituale, ma in stretto collegamento con la contemporaneità. Quale è il punto d’equilibrio tra questi due aspetti?

Clara Gebbia ed Enrico Roccaforte Come dici bene, l’aspetto musicale nei nostri spettacoli è strettamente legato all’aspetto rituale. Proprio per questo non sono dei musical. Sono degli spettacoli di prosa in cui la parte del testo, della parola ‘parlata’ è importantissima. Ogni volta che nei nostri spettacoli si usa una vocalità cantata, è perché si verifica proprio una situazione rituale. Quindi non è come all’opera o come nel musical: il canto ha una funzione diversa. Poi come dicevamo c’è un ulteriore livello, che è poi quello peculiare della nostra ricerca, del ‘parlato intonato’ e del ‘parlato ritmato’ che attiva sulla scena un diverso grado di presenza: non è rito, ma sono situazioni della realtà che normalmente non sono racchiuse in una partitura (come per esempio un litigio o una protesta) ma che vengono invece imbrigliate in una scrittura di tipo musicale pur mantenendo il carattere di battute teatrali. Non c’è mai il canto tout court ma il canto è sempre ‘in funzione’.

Viaggio nei tuoi occhi

Viaggio nei tuoi occhi

Clara Gebbia ed Enrico Roccaforte Nel Rosario il canto ha una funzione sia religiosa che non (la famiglia protagonista della pièce si rivolge la parola solo durante la recita quotidiana del rosario. Il canto è utilizzato, oltre che per pregare, per esprimere sentimenti, frustrazioni, desideri, per sopraffare, invocare). In Paranza abbiamo preso la modalità del canto e del gesto rituale, in particolare del pellegrinaggio, e l’abbiamo spogliato della funzione religiosa attribuendo un’altra funzione: quella di riavere i diritti che si sono persi. I quattro protagonisti portano in spalla il ‘Tosello’, il pesante oggetto rituale che si vede nelle processioni. In Viaggio dei tuoi occhi di Agata Motta abbiamo utilizzato un canto in greco antico su un testo assolutamente contemporaneo e con tematiche attuali (gravidanza tardiva, fecondazione eterologa). Qui l’aggancio con il rito è stato di tipo archetipico: alle tre protagoniste, donne di oggi, abbiamo sovrapposto l’archetipo delle Moire e ogni qualvolta c’era un aggancio con situazioni quali nascite, morti, rapporti madre/figlia, queste figure si sovrapponevano creando un cortocircuito temporale.

Viaggio nei tuoi occhi

Viaggio nei tuoi occhi

Che origine ha la vostra ricerca sul rito?

Clara Gebbia ed Enrico Roccaforte L’osservazione sulla ritualità è nutrita dai viaggi di ricerca che facciamo da anni durante la Settimana Santa con il gruppo di Estetica del Canto Contadino della Scuola Popolare di Musica di Testaccio        guidato da Giovanna Marini.
Questi viaggi ci hanno portato alla consapevolezza che il rito è qualcosa di vivo, che segna lo spazio e il tempo del fare, che dà senso a ciò che si fa e inoltre dà un’indicazione sul ‘come fare’: un rito per essere tale deve essere sempre uguale, deve essere codificato per essere imitato o compreso da chi vi partecipa. Per questo è possibile trasporlo in teatro e farne un linguaggio.

Qual è il ruolo di una piccola compagnia indipendente in Sicilia? Difficoltà-opportunità…

La paranza, foto di Valeria Tomasulo

La paranza, foto di Valeria Tomasulo

Clara Gebbia ed Enrico Roccaforte Essere una compagnia indipendente in Sicilia è estremamente difficile dal nostro punto di vista soprattutto negli ultimi anni. Recentemente è avvenuto un fatto abbastanza inquietante, cioè un’inchiesta della Guardia di Finanza che ha indagato 72 associazioni siciliane su 95 che avevano fatto richiesta di finanziamento, cioè praticamente quasi la totalità dei richiedenti, alcune per motivi reali (per esempio spettacoli falsi e dichiarati come veri). Tante associazioni teatrali sono state coinvolte solo per questioni di errori materiali di entità minima: nel nostro caso, per 3 giornate lavorative al minimo sindacale non versate durante l’anno a fronte di oltre 400 versate: una svista del commercialista per cui abbiamo rischiato un processo penale.

La paranza, foto di Valeria Tomasulo

La paranza, foto di Valeria Tomasulo

Tutto si è risolto ovviamente con una archiviazione ancora prima del processo, quindi sembrerebbe un lieto fine, in realtà questo ci è costato un sacco di soldi di spese legali. Questa vicenda ci ha letteralmente fiaccati e abbiamo dovuto chiudere l’Associazione Teatro Iaia con cui ci autoproducevamo insieme agli organismi che ci coproducevano. Quindi ora non siamo più un soggetto giuridico ma siamo soltanto un gruppo artistico. Questa faccenda dimostra come questo paese sia non solo noncurante verso gli artisti ma anche a volte minaccioso, come si è visto anche in altre occasioni. Si è comunque sviluppata una rete di solidarietà, cito per tutti il Circuito Teatrale Latitudini di cui fanno parte vari soggetti siciliani che è una fonte di dialogo non solo artistico.
Per fortuna adesso Umane Risorse è prodotta da 369gradi, con la direzione artistica di Valeria Orani e la complicità di Alessia Esposito e Benedetta Boggio, che hanno creduto in noi, ed è iniziato un nuovo corso. Inoltre di positivo sicuramente c’è stata in Sicilia l’apertura agli artisti della città del da parte del Teatro Biondo con la nuova direzione di Roberto Alajmo per cui per la prima volta ci siamo trovati ad essere chiamati dal teatro della nostra città che ha prodotto il nostro spettacolo Paranza insieme al Teatro di Roma e a Teatri del Sacro.

Quali sono i progetti futuri?
Clara Gebbia ed Enrico Roccaforte Ci stiamo dedicando alla ricerca di un testo contemporaneo che chiuda la nostra trilogia sul potere, il tempo e il rito di cui Il Rosario e Paranza sono i primi due capitoli: Il Rosario era incentrato sul potere matriarcale, metafora di come la mancanza di libertà rischi di soffocare l’arte, ed era ambientato in una dimensione temporale arcaica.
Paranza, come ricorderai, esplorava la ricaduta della dimensione del potere politico e burocratico sulla vita di un gruppo di cittadini portatori di diversi diritti, ambientato quindi in una dimensione contemporanea.
Il progetto nuovo vorremmo avesse a che fare con il futuro, ma con una dimensione di Apocalisse contemporanea, che in parte stiamo vivendo e che sentiamo imminente, sia per motivi etici, che ambientali, che di perdita generale di senso.
Inoltre dopo questi anni di lavoro sentiamo adesso la necessità di condividere la nostra ricerca attivando un processo di formazione per giovani attori e cantanti che vogliano esplorare la dimensione teatrale, musicale e vocale anche per permetterci di fare dei nuovi incontri che ci consentano di ampliare il gruppo Umane Risorse.
Per questo stiamo organizzando una serie di laboratori, di cui il primo avrà luogo a Roma dal 2 al 6 maggio presso Carrozzerie N.O.T. e ha come titolo ‘Studio per un’Apocalisse’ condotto da noi due insieme ad Antonella Talamonti.

Scarica la locandina: Il Rosario di Umane Risorse al Teatro India.

Partecipano ad Umane Risorse: Nené Barini (attrice-cantante), Francesco Fazzi (sound designer), Rosalba Greco (organizzatrice), Katia Ippaso (drammaturga), Germana Mastropasqua (cantante-attrice), Grazia Materia (costumista), Alessandra Roca (attrice-cantante), Michelangelo Vitullo (light designer).
Collaborano con Umane Risorse: Filippo Luna, Gianni Staropoli, Andrea Casarini, Maria Crescenzi, Giacomo Sette, Kallipigia Architetti, Massimo Bellando Randone, Luigi Biondi.
Hanno coprodotto Umane Risorse: Teatro Biondo di Palermo, Teatro di Roma, Teatri del Sacro
Dal 2016 Umane Risorse è prodotta da 369gradi direzione artistica Valeria Orani.
www.umanerisorse.com
umanerisorseteatro@gmail.com
ufficio stampa 369gradi Benedetta Boggio: benedetta.bo@gmail.com
per info sul laboratorio dal 2 al 6 maggio 2016 a Carrozzerie N.O.T.: http://www.carrozzerienot.com/#!blank/thuwl

Intervista a Gianrico Tedeschi

Incontro con l’anziano, grande attore di scena a Palermo in uno spettacolo di Franco Branciaroli

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Una vita lunghissima e straordinaria quella di Gianrico Tedeschi, classe 1920, che ha attraversato quasi per intero il secolo breve e che continua a regalargli soddisfazioni, riconoscimenti e, soprattutto, la gratitudine di un pubblico al quale concedere grandi interpretazioni, scaturite dal lungo mestiere e dalla disinvolta dimestichezza con il palcoscenico calcato con amore mai sopito. » Read more

“Dipartita finale” di Franco Branciaroli

“Dipartita finale” di Franco Branciaroli- Teatro Biondo di Palermo

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“A noi non ci riesce di morire e neanche di vivere”: è un Limbo esistenziale quello nel quale sono sospesi senza condanna e senza salvezza i personaggi di Dipartita finale, spettacolo di Franco Branciaroli che ritaglia per sé il singolare ruolo della Morte, con tanto di falce e di corni rossi scaccia jella, e una regia in cui la valorizzazione degli eccellenti coprotagonisti diviene cassa di risonanza per i tantissimi spunti di riflessione disseminati nel testo. Dopo una lunga e fortunata tournée, lo spettacolo giunge al Biondo (con repliche fino al 24) ad offrire una di quelle imperdibili occasioni di grande teatro, laddove l’aggettivo calza ad ogni singola componente dell’evento scenico: testo arguto, insolente, profondissimo e colto; cast eccezionale che riunisce nomi prestigiosi e consacrati; regia preziosa che impartisce i ritmi giusti a questo gioco orchestrale amarissimo eppur gioioso; scene e luci (firmati da Margherita Palli e Gigi Saccomandi) da incubo irriverente e persino farsesco. » Read more

“Scene di interni…” di Michele Santeramo

Al Teatro Libero di Palermo, uno spettacolo di Michele Santerano

di Agata Motta

Che l’idea di un’Unione Europea felice come la graziosa casetta del mulino bianco stia cominciando a scricchiolare mostrando le sue tante crepe non è un mistero né una novità. Portare il malessere che ne deriva in teatro, estremizzandolo in una visiona apocalittica di disgregazione già avvenuta ha invece una sua intrigante originalità. Nello spettacolo Scene d’interni dopo il disgregamento dell’Unione Europea, proposto al Teatro Libero di Palermo, Michele Santeramo immagina che la fine sia già arrivata e che ne sia responsabile anche chi in quell’unione non aveva mai creduto, chi guardava a quella forma anomala di democrazia come ad un camuffamento di dittatura edulcorato dai mille proclami dei santoni dell’economia. I fatti narrati, che coinvolgono una coppia costituitasi proprio nell’epocale evento dell’adozione della moneta unica, vengono ripercorsi a ritroso, dalla vecchiaia alla giovinezza, dall’attesa della morte all’ingenuo entusiasmo per la ventata di novità che l’euro, simpatica moneta da Monopoli, avrebbe portato.

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