Quando i sogni muoiono all’alba (su Scenario)

Pubblicata da Tabula Fati l’antologia “Quando i sogni muoiono all’alba”

  

Tel. 0871 561806 – 335 6499393 — edizionitabulafati@yahoo.it www.edizionitabulafati.it

a cura di Enrico Rulli

QUANDO I SOGNI
MUOIONO ALL’ALBA

Presentazione di Enrico Rulli

 

Un eccezionale evento letterario.
Sedici autori accettano una sfida ambiziosa: scrivere un racconto che finisca all’alba, quel momento pieno di magia in cui i sogni lasciano posto alla realtà.
Lo spettro di una giovane donna corre disperata da un portone all’altro nel silenzio della notte alla ricerca del proprio fidanzato. Un grande musicista si sistema nel vagone letto di un treno diretto a Parigi e viene assalito da presagi di morte. Un uomo rimane incastrato nello scambio di una rotaia mentre sta arrivando il treno. Una donna veglia il padre defunto chiudendo i conti con il proprio passato. Un licantropo viene assalito dalle pulci, da cui dovrà liberarsi prima del sorgere del sole. Due genitori devono decidere se porre fine alla vita del figlio, affetto da una terribile malattia.Sono solo alcuni spunti tratti da questa ricca antologia che emoziona, commuove, diverte. Un libro mai scontato, in ogni pagina riserva delle sorprese.


Copertina di Dalmazio Frau

[ISBN-978-88-7475-632-2]

Pagg. 144 – € 12,00

Autore: Redazionale

Premio Neri Pozza 2017 su “Pausa caffè blog”

Il  Premio Nazionale di Letteratura Neri Pozza è nato nell’anno del centenario della nascita del fondatore della casa editrice ed è riservato agli autori, di qualsiasi nazionalità, che presentino un’opera di narrativa letteraria inedita, scritta in lingua italiana, escludendo raccolte di racconti, poesie, saggi, testi teatralii e generi quali il giallo, il romanzo poliziesco, il fantasy, il memoir.

“Saranno idee d’arte e di poesia, che fanno pochi soldi, ma sono le sole capaci di sedarmi e interessarmi. Il resto, per me, è buio e vanità”.

Queste le parole dell’editore Neri Pozza che colgono lo spirito di questo premio.
Neri Pozza era un partigiano, scrittore, editore, artista, incisore e collezionista di arte contemporanea vicentino, è riconosciuta la sua passione per il talento e al suo coraggio nel saper scommettere sul nuovo.

Il 12 settembre a Milano è stata presentata la cinquina finalista e il 15 settembre al Teatro Olimpico di Vicenza è stato proclamato il vincitore Lux o come farla finita col passato di Eleonora Marangoni, che si è aggiudicata anche il Premio Neri Pozza sezione Giovani 2017 (under 35) e riceverà in premio un assegno di 25 mila euro e la sua opera sarà pubblicata da Neri Pozza Editore.
Il protagonista del libro è alle prese con una singolare eredità, un vulcano inattivo, una sorgente d’acqua e un hotel decadente in un’isoletta del Sud Italia, troverà modo, grazie a una serie di incontri fortuiti, di affrontare il passato e fare i conti con il presente.

Il vincitore di questa edizione 2017 si è scontrato con altre undici opere finaliste selezionate da una commissione designata dalla casa editrice, elenchiamo partendo dalla cinquina finalista:

Pelleossa di Veronica Galletta, che attraverso gli occhi di Paolino racconta la vita del paese di Sciacca fra il 1943 e il 1947.

Dopo il diluvio di Leonardo Malaguti, romanzo corale che, attraverso le vicende di un villaggio allagato da una pioggia torrenziale, pone a confronto la brutalità della natura e quella dell’animo umano, talvolta accecato dai più biechi istinti.

Nella cucina del diavolo di Livio Milanesio, dove i fratelli ebrei Dino e Genio, deportati in Germania, riusciranno a sopravvivere all’orrore della Seconda guerra mondiale. Dino, lavorando come cameriere nel ristorante di un campo di addestramento per soldati nazisti; Genio lavorando in una fabbrica.

Il fruscio dell’erba selvaggia di Emiliano Cabuche, in cui tre diversi personaggi si alternano, sullo sfondo di una cupa Milano, in tre vicende mirabilmente collegate tra di loro, coprendo un arco temporale che va dagli anni Cinquanta agli anni Novanta.

Sconosciuta straniera di Vittoria Caiazza, sulla vita del celebre scrittore Honoré de Balzac e sulla sua storia d’amore con la contessa polacca Ewelina Hanski, rapporto basato quasi esclusivamente su una fitta corrispondenza epistolare.

Figlia di molte madri di Angela Colella, in cui la giovane Elettra sfrutterà la capacità di vedere il futuro per scoprire le proprie origini e ricostruire la vita di suo padre, morto suicida come lei stessa aveva previsto.

Ultima Esperanza di Paolo Ferruccio Cuniberti, in cui è raccontato l’avventuroso viaggio dello zoologo e naturalista Federico Sacco, salpato nel 1869 per esplorare il Cile e la Patagonia.

Mille papaveri rossi di Enzo D’Andrea, aspra storia di riscatto ambientata nel secondo dopoguerra tra la Basilicata e il Belgio, dove il contadino Sabatino D’Antonio emigrerà per lavorare nelle miniere di carbone.

E che il lupo ci protegga di Valentina Di Cataldo, romanzo contemporaneo che vede la determinata professoressa Sandra Cienz alle prese con il difficile incarico di insegnare italiano a una classe di studenti indisciplinati in un istituto tecnico nella periferia di Milano.

Cristiana sepoltura di Piero Malagoli, dove i fratelli Kayla e Lucas, rimasti soli dopo la morte del padre, devono evitare che qualcuno venga a sapere che in casa non ci sono più adulti, o perderanno la fattoria in cui hanno sempre vissuto.

Raccoglievamo le more di Agata Motta, storia della famiglia Vitale attraverso i difficili anni della Seconda guerra mondiale in Sicilia, la cui drammaticità è efficacemente resa attraverso il diario di guerra di Antonio Vitale.

III Edizione Premio Nazionale di Letteratura Neri Pozza: i 12 finalisti

III edizione Premio Nazionale di Letteratura Neri Pozza: l’annuncio dei 12 libri in gara e l’esito della Sezione Giovani

Milano, 8 giugno 2017

Ecco i dodici inediti che si contenderanno il Premio Nazionale di Letteratura Neri Pozza: Il fruscio dell’erba selvaggia di Emiliano Cabuche (pseudonimo), Sconosciuta straniera di Vittoria Caiazza, Figlia di molte madri di Angela Colella, Ultima Esperanza di Paolo Ferruccio Cuniberti, Mille papaveri rossi di Enzo D’Andrea, E che il lupo ci protegga di Valentina Di Cataldo, Pelleossa di Veronica Galletta, Cristiana sepoltura di Piero Malagoli, Dopo il diluvio di Leonardo Malaguti, Lux o come farla finita col passato di Eleonora Marangoni, Nella cucina del diavolo di Livio Milanesio e Raccoglievamo le more di Agata Motta.

Per la Sezione Giovani, rimangono in gara i romanzi: Figlia di molte madri di Angela Colella, E che il lupo ci protegga di Valentina Di Cataldo, Dopo il diluvio di Leonardo Malaguti e Lux o come farla finita col passato di Eleonora Marangoni. La commissione istituita dalla casa editrice Neri Pozza, in collaborazione con la FONDAZIONE PINI/CIRCOLO DEI LETTORI, li ha ritenuti meritevoli di figurare tra i 12 finalisti dell’edizione maggiore del Premio. I quattro romanzi concorrono dunque anche per la sezione principale del Premio.

Basato sul modello dei premi letterari spagnoli, ideati e organizzati direttamente da editori, il Premio Nazionale di Letteratura Neri Pozza, promosso dalla stessa casa editrice e da Confindustria Vicenza, è dedicato a opere inedite di narrativa letteraria. Alla data conclusiva, 8 maggio 2017, sono arrivati 1304 testi. Una commissione designata dalla casa editrice ha selezionato dodici opere che da oggi saranno sottoposte al giudizio di un Comitato di Lettura composto dall’agente letterario Marco Vigevani, dagli scrittori e giornalisti Francesco Durante e Stefano Malatesta, dallo scrittore e critico letterario Silvio Perrella, dalle scrittrici Romana Petri e Sandra Petrignani, dalla editor e giornalista Laura Lepri e dal direttore editoriale Giuseppe Russo. Dalla cinquina finale, che sarà comunicata  il prossimo 12 settembre, verrà poi selezionato il vincitore che, il 15 settembre, durante la cerimonia ufficiale presso il Teatro Olimpico di Vicenza, riceverà in premio un assegno di 25 mila euro e la pubblicazione dell’opera nel catalogo della casa editrice Neri Pozza.

Nel 2015 nasce la Sezione Giovani, indetta all’interno del Premio Nazionale di Letteratura Neri Pozza in collaborazione con la Fondazione Adolfo Pini – Circolo dei Lettori. La sezione è riservata ai partecipanti al Premio che abbiano età inferiore ai 35 anni e prevede per il vincitore la pubblicazione dell’opera da parte di NERI POZZA EDITORE. Alla data conclusiva, 8 maggio 2017, sono arrivati 215 testi in concorso per la Sezione Giovani. La selezione delle opere è avvenuta a cura del COMITATO DI LETTURA del Premio Nazionale di Letteratura Neri Pozza in collaborazione con la FONDAZIONE PINI/CIRCOLO DEI LETTORI grazie a una giuria composta da 10 membri scelti fra i lettori (7) e gli iscritti (3) ai corsi di scrittura creativa di Laura Lepri.

In questa III edizione del Premio Neri Pozza ben quattro dei romanzi in lizza appartengono ad autori di età inferiore ai trentacinque anni. «Si sta affacciando sul panorama letterario italiano una nuova generazione di giovani scrittori capaci di produrre opere di qualità» afferma il direttore editoriale, Giuseppe Russo «Un risultato significativo, se si considera che Neri Pozza pubblicò senza esitare il manoscritto inedito di un Parise ventenne».

I quattro romanzi rimasti in concorso per la Sezione Giovani sorprendono per la complessità e la molteplicità delle tematiche affrontate:

Figlia di molte madri, in cui la giovane Elettra sfrutterà la capacità di vedere il futuro per scoprire le proprie origini e ricostruire la vita di suo padre, morto suicida come lei stessa aveva previsto; E che il lupo ci protegga, romanzo contemporaneo che vede la determinata professoressa Sandra Cienz alle prese con il difficile incarico di insegnare italiano a una classe di studenti indisciplinati in un istituto tecnico nella periferia di Milano; Dopo il diluvio, romanzo corale che, attraverso le vicende di un villaggio allagato da una pioggia torrenziale, pone a confronto la brutalità della natura e quella dell’animo umano, talvolta accecato dai più biechi istinti e Lux o come farla finita col passato, dove un protagonista alle prese con una singolare eredità, un vulcano inattivo, una sorgente d’acqua e un hotel decadente in un’isoletta del Sud Italia, troverà modo, grazie a una serie di incontri fortuiti, di affrontare il passato e fare i conti con il presente.

Tra i finalisti figurano romanzi storici come Mille papaveri rossi, aspra storia di riscatto ambientata nel secondo dopoguerra tra la Basilicata e il Belgio, dove il contadino Sabatino D’Antonio emigrerà per lavorare nelle miniere di carbone; Ultima Esperanza, in cui è raccontato l’avventuroso viaggio dello zoologo e naturalista Federico Sacco, salpato nel 1869 per esplorare il Cile e la Patagonia, e Nella cucina del diavolo, dove i fratelli ebrei Dino e Genio, deportati in Germania, riusciranno a sopravvivere all’orrore della Seconda guerra mondiale. Dino, lavorando come cameriere nel ristorante di un campo di addestramento per soldati nazisti; Genio lavorando in una fabbrica.

Opere costruite magistralmente attorno a uno o più personaggi, come Sconosciuta straniera, sulla vita del celebre scrittore Honoré de Balzac e sulla sua storia d’amore con la contessa polacca Ewelina Hanski, rapporto basato quasi esclusivamente su una fitta corrispondenza epistolare; Il fruscio dell’erba selvaggia, in cui tre diversi personaggi si alternano, sullo sfondo di una cupa Milano, in tre vicende mirabilmente collegate tra di loro, coprendo un arco temporale che va dagli anni Cinquanta agli anni Novanta e Raccoglievamo le more, storia della famiglia Vitale attraverso i difficili anni della Seconda guerra mondiale in Sicilia, la cui drammaticità è efficacemente resa attraverso il diario di guerra di Antonio Vitale.

Romanzi che si presentano attraverso la voce innocente e autentica dell’infanzia, come Pelleossa, che attraverso gli occhi di Paolino racconta la vita del paese di Sciacca fra il 1943 e il 1947, e Cristiana sepoltura, dove i fratelli Kayla e Lucas, rimasti soli dopo la morte del padre, devono evitare che qualcuno venga a sapere che in casa non ci sono più adulti, o perderanno la fattoria in cui hanno sempre vissuto.


Recensione “Cinema in camicia nera” diM. Rossi

Quel “cinema in camicia nera” che reinventò la cinematografia italiana

E’ dato ormai acquisito dalla comunità degli storici quanto anche i film possano essere valide fonti per lo studio della storia. E questo vale tanto più in un caso – come fu quello del Ventennio fascista italiano – in cui fu Benito Mussolini stesso ad attribuire una simile valenza nel momento in cui proclamò ufficialmente che «la cinematografia è l’arte più forte».

Non fu un caso, dunque, che grande impulso all’arte cinematografica avvenne proprio negli anni di governo del Duce: la creazione de L’Unione Cinematografica Educativa (meglio conosciuto come Istituto LUCE) nel 1924; la realizzazione della prima Mostra del Cinema di Venezia nel 1932; la nascita del Centro Sperimentale di Cinematografia nel 1934; la costituzione dell’Ente Nazionale per le Industrie Cinematografiche nel 1935; fino alla costruzione di Cinecittà a Roma, inaugurata da Mussolini stesso il 28 aprile 1937. E’ di questa storia parallela del fascismo che tratta l’insolito libro Cinema in camicia nera di Agata Motta (Solfanelli, pp. 264, euro 18) in uscita in questi giorni.

La trattazione della produzione cinematografica del Ventennio prende il via dall’esposizione di alcune questioni critiche del cinema cosiddetto “di regime”: «I film di propaganda, il filone dei telefoni bianchi, le voci fuori dal coro, che operavano soprattutto nel cinema calligrafico e in seno a riviste più o meno legate al regime». A chiudere la prima parte, una esauriente analisi delle posizioni cattoliche legate alle direttive papali non solo costellate da antagonismi e censure.

Nel prosieguo del volume compaiono i nomi dei registi più rappresentativi dell’epoca in rapporto ai diversi livelli di lettura che le loro opere offrono alla critica cinematografica.

Una corposa e appassionante sezione è dedicata, invece, alla filmografia bellica: «Nel giugno del 1940 le illusioni di pace svanirono con l’entrata in guerra contro Francia e Inghilterra», scrive l’autrice, «si sperava, quindi, anche nella conquista degli schermi europei. La possente macchina cinematografica avrebbe dovuto pertanto avviare e intensificare la sua produzione a sostegno della guerra e, a tal proposito, su costituì nel 1941 il Comitato per il cinema di guerra e politico». Da qui nacquero la “tetralogia militare”, messa in piedi tra il 1941 e il 1943 da Francesco De Robertis e formata da Uomini sul fondo, Alfa Tau!, Uomini e cieli e Marinai senza stelle, e la “trilogia fascista” di Roberto Rossellini composta da La nave bianca, Un pilota ritorna e L’uomo della croce, opere che «secondo molti studiosi anticiparono, in fatto di stile e impianto narrativo, i capolavori neorealisti».

Infine, dopo un capitolo incentrato proprio sull’avanguardismo della filmografia bellica fascistaVerso il Neorealismo? – il libro si chiude con una necessaria trattazione del crollo del fascismo e dell’inevitabile «lenta agonia» del cinema italiano dopo il 1943, ovvero della sua sostanziale assenza nel sostegno alla causa repubblichina.

 

intervista su Cataniaperte

 

Intervista con Agata Motta
di Carmelo La Carrubba

 

  Nella foto Clara Gebbia, regista dello spettacolo Viaggio nei tuoi occhi

Il 9/10/11 aprile va in scena al Teatro Libero di Palermo lo spettacolo “Viaggio nei tuoi occhi” regia di Clara Gebbia su testo della giornalista e scrittrice Agata Motta. Centrale è la figura della madre nello spettacolo nella constatazione che essa si può comprendere e conoscere solo quando si diventa madri. La drammaturgia si sviluppa attraverso tre personaggi o, se volete, tre diversi modi di essere madre: l’autrice affronta tre aspetti fondamentali dell’essere o non essere madre: quando una malattia invalidante non le fa ricordare che ha una figlia; quando la figlia tenta di diventare madre o, infine, di una donna che dialoga in chat della mancata maternità. Sono pensieri di grande attualità per chi li vive ma che conservano echi di risonanze antiche.
Prima dello spettacolo abbiamo rivolto delle domande all’autrice:
D. Puoi dire qual è la parola chiave che con insistenza è diventata la sintesi della sofferenza quotidiana e sta alla base di questo tuo lavoro teatrale?
R. Come spesso accade nei miei lavori, una o più parole si affacciano con ostinazione nelle mie giornate a chiedere attenzione. In questo lavoro la parola chiave è senz’altro “madre” e intorno ad essa ruotano le storie delle tre donne protagoniste, storie di dolore quotidiano che sanno trasformarsi in ariose speranze e che riescono a suscitare persino il riso. Se volessi sintetizzare in una frase il succo della storia o la morale della favola potrei dire che i figli, se ci vogliamo bene, sarebbe meglio non farli, ma una volta fatti diventano la parte migliore di noi.
D. Madri, genitori, figli sono i protagonisti – con la loro presenza o assenza – della vita di ognuno di noi. Sicuramente anche della tua vita: E’ così?
R. Certo, è così. Non posso nascondere che all’origine del mio lavoro ci sono delle esperienze che mi appartengono, come la gravidanza arrivata in età matura o il rapporto irrisolto con la malattia di mia madre o la constatazione di quanto i social network stiano stravolgendo le relazioni sociali trasformandole in qualcosa di “liquido”, per usare un’espressione celebre del sociologo Bauman. L’idea di scoprirmi sulla scena, di mettere a nudo parte della mia vita però mi imbarazzava molto, così ho preferito cogliere solo degli input e procedere su un terreno del tutto diverso, lasciando che i personaggi scegliessero direzioni diverse ma dando loro in prestito le mie emozioni reali.
D. Il lavoro con la regista Clara Gebbia nell’impostare un linguaggio scenico si sarà presentato ricco di creatività ma anche di difficoltà. Ne vuoi parlare?
R. L’incontro con Clara Gebbia è stato subito speciale e quasi magico, perché abbiamo scoperto di avere moltissimo in comune, la stessa determinazione, la stessa voglia di esplorare i meandri dell’animo umano. L’aver trascorso alcuni giorni con lei durante le prove mi ha consentito di far aderire perfettamente il testo alle esigenze sceniche. Clara ha una concezione originalissima del teatro, indissolubilmente legata al canto (rigorosamente a cappella nelle bellissime voci di Nenè Barini, Germana Mastropasqua e Alessandra Roca); inoltre lavora con una compositrice eccellente, Antonella Talamonti, e con lei ha impostato un controcanto mitico (in un suggestivo greco antico) legato alle Moire. Parole e melodia si sostengono vicendevolmente, si danno significato, si rincorrono, si oppongono in un insieme di grande effetto.


 

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