Intervista alla Compagnia Umane Risorse.Tra gli spettacoli prodotti dalla compagnia anche Viaggio nei tuoi occhi di Agata Motta

Umane Risorse, il teatro tra musica e rito

Una intervista a Clara Gebbia ed Enrico Roccaforte

Pubblicato il 07/04/2016 / di / ateatro n. 158 / 0 commenti /
Il Rosario, lo spettacolo di Umane Risorse, sarà al Teatro India dal 12 al 14 parile 2016. Per l’occasione, un breve autoritratto della compagnia in forma di intervista.

Clara Gebbia e Enrico Roccaforte (foto di A. Primavera)

Come nasce la compagnia Umane Risorse?

Clara Gebbia ed Enrico Roccaforte Il nulceo artistico Umane Risorse è nato originariamente dal nostro incontro come registi con Antonella Talamonti, compositrice, sul finire del 2010, con il desiderio di far dialogare musica di tradizione orale e teatro contemporaneo. Noi siamo entrambi palermitani e amici da oltre 15 anni, quindi ci siamo sempre confrontati nel nostro percorso teatrale, in cui abbiamo anche competenze diverse: Clara organizzatrice/produttrice e Enrico attore e formatore. Nel suo percorso la compagnia ha incluso altri collaboratori tra figure artistiche e tecniche. Con Umane Risorse conduciamo da cinque anni una ricerca sonora e teatrale che si concentra sul continuum di possibilità che esiste tra il canto e la parola. Abbiamo dato vita a spettacoli teatrali in cui la musica della parola e quella del canto si affiancano e a tratti si sovrappongono. Vogliamo raccontare il mondo di oggi e i suoi conflitti sociali, in particolare indagando le dinamiche del potere, le sue storture e l’effetto che questo ha sulle vite degli uomini, con una particolare lente d’ingrandimento: il rapporto tra l’uomo e il rito, in una continua dialettica tra passato e presente.

Rosario

Rosario

Nella creazione degli spettacoli, qual è l’equilibrio che si crea tra voi due?

Clara Gebbia ed Enrico Roccaforte Il processo creativo cambia sempre in funzione dello spettacolo e viene continuamente rimesso in gioco a ogni ripresa: i nostri spettacoli hanno bisogno di una preparazione molto complessa e come tutti si perfezionano lungo il cammino, forse richiedendo un tempo un po’ più ampio del teatro di prosa. Nel Rosario abbiamo trovato nel piccolo testo di De Roberto gli elementi che ci interessavano e abbiamo deciso di riscriverlo e riadattarlo alle nostre esigenze. Poi sullo scheletro della drammaturgia abbiamo coinvolto Antonella Talamonti che ha portato le sue competenze musicali attingendo alla musica tradizionale e scrivendo nuovi brani appositamente per lo spettacolo. Con gli attori il training è sia fisico che vocale e la preparazione è molto dura e costante e richiede una grande precisione musicale, di movimento e di parola.
In Paranza il miracolo il procedimento è stato diverso perché il progetto è stato scritto a più mani da Gebbia/Roccaforte/Talamonti insieme con una dramaturg, Katia Ippaso, che ha seguito tutto il processo creativo, registico e improvvisativo degli attori e in varie tappe ha continuato a riscrivere la drammaturgia dello spettacolo e le liriche dello stesso fino al debutto palermitano del 2015 con la produzione del Teatro Biondo e del Teatro di Roma, dopo avere già vinto, con la prima versione del lavoro, il Premio Teatri del sacro nel 2013.

Apocalisse

Apocalisse

Nel vostro lavoro la musica (e soprattutto il canto) hanno un ruolo cruciale. All’aspetto musicale è legata l’attenzione al rituale, ma in stretto collegamento con la contemporaneità. Quale è il punto d’equilibrio tra questi due aspetti?

Clara Gebbia ed Enrico Roccaforte Come dici bene, l’aspetto musicale nei nostri spettacoli è strettamente legato all’aspetto rituale. Proprio per questo non sono dei musical. Sono degli spettacoli di prosa in cui la parte del testo, della parola ‘parlata’ è importantissima. Ogni volta che nei nostri spettacoli si usa una vocalità cantata, è perché si verifica proprio una situazione rituale. Quindi non è come all’opera o come nel musical: il canto ha una funzione diversa. Poi come dicevamo c’è un ulteriore livello, che è poi quello peculiare della nostra ricerca, del ‘parlato intonato’ e del ‘parlato ritmato’ che attiva sulla scena un diverso grado di presenza: non è rito, ma sono situazioni della realtà che normalmente non sono racchiuse in una partitura (come per esempio un litigio o una protesta) ma che vengono invece imbrigliate in una scrittura di tipo musicale pur mantenendo il carattere di battute teatrali. Non c’è mai il canto tout court ma il canto è sempre ‘in funzione’.

Viaggio nei tuoi occhi

Viaggio nei tuoi occhi

Clara Gebbia ed Enrico Roccaforte Nel Rosario il canto ha una funzione sia religiosa che non (la famiglia protagonista della pièce si rivolge la parola solo durante la recita quotidiana del rosario. Il canto è utilizzato, oltre che per pregare, per esprimere sentimenti, frustrazioni, desideri, per sopraffare, invocare). In Paranza abbiamo preso la modalità del canto e del gesto rituale, in particolare del pellegrinaggio, e l’abbiamo spogliato della funzione religiosa attribuendo un’altra funzione: quella di riavere i diritti che si sono persi. I quattro protagonisti portano in spalla il ‘Tosello’, il pesante oggetto rituale che si vede nelle processioni. In Viaggio dei tuoi occhi di Agata Motta abbiamo utilizzato un canto in greco antico su un testo assolutamente contemporaneo e con tematiche attuali (gravidanza tardiva, fecondazione eterologa). Qui l’aggancio con il rito è stato di tipo archetipico: alle tre protagoniste, donne di oggi, abbiamo sovrapposto l’archetipo delle Moire e ogni qualvolta c’era un aggancio con situazioni quali nascite, morti, rapporti madre/figlia, queste figure si sovrapponevano creando un cortocircuito temporale.

Viaggio nei tuoi occhi

Viaggio nei tuoi occhi

Che origine ha la vostra ricerca sul rito?

Clara Gebbia ed Enrico Roccaforte L’osservazione sulla ritualità è nutrita dai viaggi di ricerca che facciamo da anni durante la Settimana Santa con il gruppo di Estetica del Canto Contadino della Scuola Popolare di Musica di Testaccio        guidato da Giovanna Marini.
Questi viaggi ci hanno portato alla consapevolezza che il rito è qualcosa di vivo, che segna lo spazio e il tempo del fare, che dà senso a ciò che si fa e inoltre dà un’indicazione sul ‘come fare’: un rito per essere tale deve essere sempre uguale, deve essere codificato per essere imitato o compreso da chi vi partecipa. Per questo è possibile trasporlo in teatro e farne un linguaggio.

Qual è il ruolo di una piccola compagnia indipendente in Sicilia? Difficoltà-opportunità…

La paranza, foto di Valeria Tomasulo

La paranza, foto di Valeria Tomasulo

Clara Gebbia ed Enrico Roccaforte Essere una compagnia indipendente in Sicilia è estremamente difficile dal nostro punto di vista soprattutto negli ultimi anni. Recentemente è avvenuto un fatto abbastanza inquietante, cioè un’inchiesta della Guardia di Finanza che ha indagato 72 associazioni siciliane su 95 che avevano fatto richiesta di finanziamento, cioè praticamente quasi la totalità dei richiedenti, alcune per motivi reali (per esempio spettacoli falsi e dichiarati come veri). Tante associazioni teatrali sono state coinvolte solo per questioni di errori materiali di entità minima: nel nostro caso, per 3 giornate lavorative al minimo sindacale non versate durante l’anno a fronte di oltre 400 versate: una svista del commercialista per cui abbiamo rischiato un processo penale.

La paranza, foto di Valeria Tomasulo

La paranza, foto di Valeria Tomasulo

Tutto si è risolto ovviamente con una archiviazione ancora prima del processo, quindi sembrerebbe un lieto fine, in realtà questo ci è costato un sacco di soldi di spese legali. Questa vicenda ci ha letteralmente fiaccati e abbiamo dovuto chiudere l’Associazione Teatro Iaia con cui ci autoproducevamo insieme agli organismi che ci coproducevano. Quindi ora non siamo più un soggetto giuridico ma siamo soltanto un gruppo artistico. Questa faccenda dimostra come questo paese sia non solo noncurante verso gli artisti ma anche a volte minaccioso, come si è visto anche in altre occasioni. Si è comunque sviluppata una rete di solidarietà, cito per tutti il Circuito Teatrale Latitudini di cui fanno parte vari soggetti siciliani che è una fonte di dialogo non solo artistico.
Per fortuna adesso Umane Risorse è prodotta da 369gradi, con la direzione artistica di Valeria Orani e la complicità di Alessia Esposito e Benedetta Boggio, che hanno creduto in noi, ed è iniziato un nuovo corso. Inoltre di positivo sicuramente c’è stata in Sicilia l’apertura agli artisti della città del da parte del Teatro Biondo con la nuova direzione di Roberto Alajmo per cui per la prima volta ci siamo trovati ad essere chiamati dal teatro della nostra città che ha prodotto il nostro spettacolo Paranza insieme al Teatro di Roma e a Teatri del Sacro.

Quali sono i progetti futuri?
Clara Gebbia ed Enrico Roccaforte Ci stiamo dedicando alla ricerca di un testo contemporaneo che chiuda la nostra trilogia sul potere, il tempo e il rito di cui Il Rosario e Paranza sono i primi due capitoli: Il Rosario era incentrato sul potere matriarcale, metafora di come la mancanza di libertà rischi di soffocare l’arte, ed era ambientato in una dimensione temporale arcaica.
Paranza, come ricorderai, esplorava la ricaduta della dimensione del potere politico e burocratico sulla vita di un gruppo di cittadini portatori di diversi diritti, ambientato quindi in una dimensione contemporanea.
Il progetto nuovo vorremmo avesse a che fare con il futuro, ma con una dimensione di Apocalisse contemporanea, che in parte stiamo vivendo e che sentiamo imminente, sia per motivi etici, che ambientali, che di perdita generale di senso.
Inoltre dopo questi anni di lavoro sentiamo adesso la necessità di condividere la nostra ricerca attivando un processo di formazione per giovani attori e cantanti che vogliano esplorare la dimensione teatrale, musicale e vocale anche per permetterci di fare dei nuovi incontri che ci consentano di ampliare il gruppo Umane Risorse.
Per questo stiamo organizzando una serie di laboratori, di cui il primo avrà luogo a Roma dal 2 al 6 maggio presso Carrozzerie N.O.T. e ha come titolo ‘Studio per un’Apocalisse’ condotto da noi due insieme ad Antonella Talamonti.

Scarica la locandina: Il Rosario di Umane Risorse al Teatro India.

Partecipano ad Umane Risorse: Nené Barini (attrice-cantante), Francesco Fazzi (sound designer), Rosalba Greco (organizzatrice), Katia Ippaso (drammaturga), Germana Mastropasqua (cantante-attrice), Grazia Materia (costumista), Alessandra Roca (attrice-cantante), Michelangelo Vitullo (light designer).
Collaborano con Umane Risorse: Filippo Luna, Gianni Staropoli, Andrea Casarini, Maria Crescenzi, Giacomo Sette, Kallipigia Architetti, Massimo Bellando Randone, Luigi Biondi.
Hanno coprodotto Umane Risorse: Teatro Biondo di Palermo, Teatro di Roma, Teatri del Sacro
Dal 2016 Umane Risorse è prodotta da 369gradi direzione artistica Valeria Orani.
www.umanerisorse.com
umanerisorseteatro@gmail.com
ufficio stampa 369gradi Benedetta Boggio: benedetta.bo@gmail.com
per info sul laboratorio dal 2 al 6 maggio 2016 a Carrozzerie N.O.T.: http://www.carrozzerienot.com/#!blank/thuwl

Presentazione “Viaggio nei tuoi occhi” su www.rosalio.it

“Viaggio nei tuoi occhi” al Teatro Libero

Andrà in scena fino a domenica alle 21:15 al Teatro Libero (salita Partanna, 4) Viaggio nei tuoi occhi di Agata Motta, per la regia di Clara Gebbia. Una produzione Teatro Iaia / Compagnia Umane Risorse. In scena Nené Barini, Germana Mastropasqua e Alessandra Roca. Le musiche sono di Antonella Talamonti.

In Viaggio nei tuoi occhi, Agata Motta disegna tre personaggi che sono tre modi diversi di essere e non-essere madri: una donna anziana, che a causa di un disturbo senile non ricorda più di avere una figlia e dedica tutti i suoi pensieri a Bartolomeo, il gatto smarrito; la figlia di lei, che cerca di tenere il filo delle generazioni, interrotto dalla memoria intermittente della madre, con cui tenta un ostinato dialogo e racconta dei suoi tentativi falliti di diventare madre; la donna con cui la figlia dialoga in chat della mancata maternità; Quest’ultima, presenza-assenza, voce e sentimento, esisterà con forza soltanto negandosi alla sua funzione di riverbero e schermo dei sentimenti altrui.

La messa in scena dell’ensemble Umane Risorse incontra il testo di Agata Motta proseguendo nella propria ricerca, che affonda le radici nella musica di tradizione orale italiana, riscrivendola e sperimentando tutto il continuum di possibilità che esiste tra la parola parlata e la parola cantata. La regia di Clara Gebbia, la direzione musicale di Antonella Talamonti e il lavoro delle attrici-cantanti del gruppo rende l’ incontro fra questi personaggi un procedere circolare, al ritmo del ricordo, in un continuo rito di passaggio tra reminiscenze e dimenticanze, tra la vita e la morte, il buio e la luce, il suono e il silenzio, la parola e il canto, nell’essenzialità del gesto, dello spazio e della luce.

Info e prenotazioni allo 091 6174040. Biglietto intero 16 euro, ridotto under 25 11 euro.

“La confessione”di W. Manfrè

“La Confessione” al Ma è vietata ai minori… da martedì 5 maggio

La confessioneDa domani, martedì 5 maggio al Ma Musica Arte, il club di via Vela a Catania, debutta il teatro di prosa con la messinscena di uno dei classici più longevi del palcoscenico siciliano, “La confessione” di Walter Manfrè giunto al 22° anno di rappresentazione. Lo spettacolo replicherà mercoledì 6 e giovedì 7 maggio e poi da martedì 12 a giovedì 14 maggio, con due rappresentazioni a sera, alle 21 e alle 23.
Il regista e attore messinese dal 1993 porta in scena uno spettacolo definito provocatorio e irriverente. Dalla sua prima messinscena, nell’ambito del Festival del teatro di Taormina, ha fatto discutere e diviso pubblico e critica, scandalizzando moralisti e perbenisti. Una sorta di liturgia eretica che svela, senza pudori, il mondo nascosto del sé, la parte oscura di ognuno di noi. Attraverso un confessionale, con l’ausilio di una prosa lucida, gli attori portano in scena riassunti di crudeltà, tra perversioni varie. Per questo lo spettacolo è vietato ai minori di 16 anni.
“La confessione” di Walter Manfré è un esperimento teatrale che gioca sulla curiosità tutta umana di spiare i peccati degli altri. Lo spettatore uomo diventa confessore di una peccatrice donna, viceversa le spettatrici “ascolteranno” i peccati degli uomini. Ci sono due file con dieci inginocchiatoi: da un lato siedono gli spettatori per fare da confessori muti in ascolto, e dall’altro si avvicenderanno i dieci personaggi “peccatori”. Tra gli attori spicca il nome di Andrea Tidona nel ruolo del “prete folle” che introduce gli spettatori allo scenario di peccato.

Walter Manfrè

Walter Manfrè

La messinscena al Ma Musica Arte arriva dopo un seminario, della durata di nove giorni, tenuto dal regista alla scoperta del suo “Teatro della persona”, che prevede modelli e metodi di interpretazione diversi del teatro tradizionale. Il “Teatro della persona” esplora le infinite sfaccettature e possibilità dell’animo umano. Votato a toccare la sensibilità e l’emozione dello spettatore, passando per l’empatia, la provocazione, l’autenticità. Il regista: «La mia idea di teatro è sempre stata diversa da quella tradizionale. Il teatro è un rito carico di suggestioni, dove lo spettatore non deve distrarsi, ma metterci testa e cuore. Il confessionale, buio e oscuro, mi è sempre apparso un luogo carico di simbolismi e coinvolgimenti. Il teatro mi ha permesso di trasformare un rito religioso in un rituale profano, dove lo spettatore/confessore viene coinvolto in prima persona e si fa carico dei peccati di un attore/peccatore».
Il coinvolgimento di autori della scena contemporanea nazionale e internazionale consente la rigenerazione di questa raccolta di monologhi con nuovi testi scritti da nuovi autori per l’occasione. “La confessione”, oltre a essere un’indagine sul tema del peccato, diventa per sua natura un ponte diretto fra l’attore e la nuova drammaturgia contemporanea. Venti monologhi per venti personaggi, tutti diversi tra loro, nei panni e nell’indole, selezionati volta per volta in questi 22 anni appositamente per questo spettacolo da oltre 200 testi (tra i tanti autori andati in scena negli anni ricordiamo Giuseppe Manfridi, Dacia Maraini, Michele Serra, Stefano Benni, Giuseppe Fava, Rocco D’Onghia, Vincenzo Consolo, Alda Merini, Beatrice Monroy, Aurelio Grimaldi, Ghigo De Chiara, Ugo Chiti, Enzo Siciliano e molti altri) raccolti negli anni da Manfrè e selezionati di volta in volta in base al contesto in cui si svolge lo spettacolo. In alcune edizioni avvenute all’estero i testi sono stati scritti dagli autori del paese in cui lo spettacolo è stato rappresentato.

Questi i testi messi in scena per questo nuovo ciclo di rappresentazioni: “Un sogno per forza” di Francesca Archibugi; “Coprofagia” di Gian Piero Bona; “Libertà” di Alberto Bassetti; “La bestemmiatrice” di Duccio Camerini; “La porcilaia” di Ugo Chiti; “Il miracolo” di Vincenzo Consolo; “Forse mi chiamo Francesca” di Luca De Bei; “I tacchi a spillo del destino” di Rocco D’Onghia; “Gronchi Rosa” di Edoardo Erba; “Il pezzo di carta” di Edoardo Erba; “La notte” di Lucia Giaquinto; “Dormivo mentre mio padre moriva” di Giovanna Giordano, testo ancora inedito; “Il nuovo Prometeo” di Serena Manfré; “Un peccato. La suora” di Beatrice Monroy; “La verità” di Angelo Longoni; “Pura di cuore” di Valeria Moretti; “Pesciolini Rossi” di Agata Motta; “La svista” di Aldo Nicolaj; “Uomo del Sud” di Aldo Nicolaj; “Donatello” di Massimiliano Perrotta; “L’imperfezionista” di Manlio Santanelli; “Attenti al cane” di Michele Serio; “Secondo Matteo” di Umberto Simonetta; “L’abbraccio” di Liliana Stimolo; “La pornostar” di Domenico Trischitta; “Gianna C.” di Adriano Vianello.

“La confessione” di W. Manfrè (Sicilymag.it)

«Attraverso i peccati racconto il cambiamento della società»

Teatro

Nuovo ciclo di rappresentazioni de “La Confessione”, il classico teatrale del regista messinese, dal 5 al 7 al dal 12 al 14 maggio al Ma Musica Arte di Catania, da 22 anni provocatorio esperimento teatrale incentrato sulla curiosità di spiare i peccati degli altri. Il regista: «Voglio raccogliere tutti i testi che ho messo in scena negli anni per un’antologia del peccato mondiale»
di Domenico Trischitta


Provocatorio esperimento teatrale incentrato sulla curiosità di spiare i peccati degli altri, La confessione del regista messinese Walter Manfré approda a Catania, dal 5 al 7 e dal 12 al 14 maggio al Ma Musica Arte, palcoscenico naturalmente votato alla musica che si apre al teatro: ancora una volta lo spettatore uomo confesserà a una peccatrice donna, viceversa le spettatrici confesseranno i peccati degli uomini. Ancora una volta l’allestimento scenico sarà incentrato su due file con dieci inginocchiatoi: gli spettatori-confessori saranno seduti ad ascoltare i dieci personaggi “peccatori”.

Walter ManfrèWalter Manfrè

La confessione va in scena da 22 anni: lo spettacolo nacque al Festival di Taormina nel 1993, e tra le tante repliche vanta quella del 1994 al Piccolo Teatro di Milano per volontà dello stesso Giorgio Strehler. Dal suo esordio La Confessione gira il mondo: è stato presentato al Festival di Avignone nel 1999, nel 2000 è stato messo in scena nel prestigioso Théatre du Rond Point sugli Champs-Elisées a Parigi, vanta repliche a Santiago del Cile, Buenos Aires, Lima, Madrid, Glasgow, Ginevra. E ad ogni nuova messinscena si arricchisce di volta in volta di nuovi peccati. Al Ma Musica Arte allo spettacolo si affiancherà la mostra fotografica “Volti d’attori” con gli scatti raccolti da Enrico Grieco in tanti anni di nuove repliche.

Una rappresentazione d'annata de La confessioneUna rappresentazione d’annata de La confessione

Manfrè, che effetto le fa riproporre questo spettacolo a Catania dopo vent’anni?
«Sarà un grande piacere».

Ci parli di questo nuovo allestimento de “La Confessione” a Catania.
«
La particolarità sta nel fatto di aver trovato uno spazio “magico” e non mi riferisco alla configurazione architettonica del luogo – il Ma Musica Arte – ma nel fatto che questo posto si apre per la prima volta al teatro. E’ una scommessa per loro che lo gestiscono e per me che li ho rasserenati per la riuscita dell’esperimento».

Che novità per questa messinscena catanese?
«Lo spettacolo è sempre lo stesso ma questa volta darò spazio anche ai monologhi di tre interessanti autori catanesi che arricchiscono la già vasta raccolta di peccati. La prima volta che portai La confessione a Catania ebbi uno scritto di Pippo Fava. Lo spettacolo si rinnova continuamente con l’apporto di nuovi testi che hanno attraversato diverse generazioni, rispetto alle edizioni straniere rappresentate in Francia, Inghilterra, Scozia, Spagna o Argentina. In Italia, invece, ho l’opportunità di verificare i cambiamenti nella società e in questo senso lo spettacolo non invecchia mai. Per esempio oggi quando io entro nelle chiese non vedo più gente che si confessa, invece vedo molte persone che prendono la comunione, cosa che non posso fare io, perché dal 1975 sono divorziato: mi viene negata perché secondo la Chiesa io ho commesso un errore. Per questo motivo nasce questo spettacolo, fatto di “provocatorie” confessioni che abbracciano il sesso ma non solo. Il mio scopo sarebbe quello di raccogliere tutti questi testi per un’antologia del peccato mondiale alla fine di questa esperienza che non so quando finirà, partendo con un’antologia del peccato europeo. Mi sono reso conto che ogni nazione vive il suo dramma, per esempio in Svizzera il suicidio, in Scozia l’alcolismo».

La messa in scena di due anni all'auditorium San Vincenzo Ferreri di Ragusa, foto Sergio De MartinoLa messa in scena di due anni all’auditorium San Vincenzo Ferreri di Ragusa, foto Sergio De Martino

E’ soddisfatto dell’esperienza del laboratorio organizzato per preparare gli spettacoli catanesi?
«E’ stata un’esperienza interessante, ci sono state molte adesioni, di ragazzi incuriositi di seguire il seminario. Trenta persone con tanto entusiasmo e voglia di scommettersi, a prescindere dal fatto che siano stati scelti o no per lo spettacolo».

Il ruolo del prete folle che chiama a raccolta gli spettatori per confessare gli attori spettatori da chi sarà interpretato?
«Come in un’altra prestigiosa edizione andata in scena durante l’occupazione del Teatro Valle a Roma, il prete folle sarà interpretato da Andrea Tidona, l’attore modicano noto per avere interpretato “I cento passi” e “La meglio gioventù” di Marco Tullio Giordana».

Andrea TidonaAndrea Tidona

E chiediamo ad Andrea Tidona di ricordare alcuni momenti salienti de “La Confessione”. Tidona: «Ho partecipato a diverse edizioni dello spettacolo ma in passato ho sempre recitato da peccatore, facevo un monologo della Maraini che avrò ripetuto almeno mille volte, considerando che le spettatrici sono solitamente dodici ad ascoltare i vari peccati. Invece a Catania per la prima volta sarò il prete folle. Posso solo dire che è un’esperienza unica per l’attore e per lo spettatore, un contatto diretto di forti emozioni, contro tutte le banali convenzioni, la confessione terribile di un peccato nasconde un dramma immane».

Walter ManfrèWalter Manfrè

La confessione di Walter Manfrè

Ma Musica Arte di Catania, dal 5 al 7 maggio e dal 12 al 14 maggio, alle ore 21 e alle ore 23.

Testi messi in scena per questa nuovo ciclo di rappresentazioni: “Un sogno per forza” di Francesca Archibugi; “Coprofagia” di Gian Piero Bona; “Libertà” di Alberto Bassetti; “La bestemmiatrice” di Duccio Camerini; “La porcilaia” di Ugo Chiti; “Il miracolo” di Vincenzo Consolo; “Forse mi chiamo Francesca” di Luca De Bei; “I tacchi a spillo del destino” di Rocco D’Onghia; “Gronchi Rosa” di Edoardo Erba; “Il pezzo di carta” di Edoardo Erba; “La notte” di Lucia Giaquinto; “Dormivo mentre mio padre moriva” di Giovanna Giordano; “Il nuovo Prometeo” di Serena Manfré; “Un peccato. La suora” di Beatrice Monroy; “La verità” di Angelo Longoni; “Pura di cuore” di Valeria Moretti; “Pesciolini Rossi” di Agata Motta; “La svista” di Aldo Nicolaj; “Uomo del Sud” di Aldo Nicolaj; “Donatello” di Massimiliano Perrotta; “L’imperfezionista” di Manlio Santanelli; “Attenti al cane” di Michele Serio; “Secondo Matteo” di– Umberto Simonetta; “L’abbraccio” di Liliana Stimolo; “La pornostar” di Domenico Trischitta; “Gianna C.” di Adriano Vianello.

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