“Le vie dell’Eden” di Eshkol Nevo

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Le vie dell’Eden, l’ultimo romanzo di Eshkol Nevo edito da Neri Pozza

@Agata Motta, 03-04-2022

Scritto durante la forzata reclusione della pandemia, Le vie dell’Eden, ultimo romanzo di Eshkol Nevo edito da Neri Pozza, torna alla modalità narrativa già sperimentata in Tre piani e continua la ricognizione delle presunte verità che l’uomo si racconta per non soccombere e delle colpe mai confessate che rendono sanguinosa l’esplorazione dell’Io.

Tre racconti lunghi in cui le vicende di tre personaggi, giunti ad una sorta di resa dei conti con la propria natura e con le proprie scelte, corrono su binari differenti fino a convergere per brevi istanti o in incontri casuali. Persuaso dalla felice esperienza di Tre piani, l’autore segue l’impulso di assecondarne la forza ipnotica e dirompente, ma nel farlo rinuncia all’effetto novità e smussa la solidità dell’architettura della narrazione, resa esplicita e coesa dalla palazzina borghese di Tel Aviv e dal suggerimento delle tre istanze freudiane, del precedente romanzo. Qui invece è la Bolivia, che racchiude in sé i semi della morte e della rinascita, l’esile punto di contatto delle prime due storie, mentre i loro protagonisti entrano di sguincio nel terzo racconto. Freud o comunque la tentazione psicanalitica non sono lasciati fuori dalla porta perché la confessione e la scrittura di sé restano gli strumenti privilegiati di conoscenza.

Gli accadimenti, attraversati da una moderata corrente di inquietudine, sono comunque trascinanti, perché in sostanza ciò che affascina in Nevo non è l’impalcatura che di volta in volta decide di costruire nei propri testi, ma l’indagine condotta su personaggi che si siedono davanti al tribunale della propria coscienza e che, in questo caso, sono chiamati a difendersi da accuse precise e concrete che arrivano inaspettate come frustate su corpi nudi e inermi.

Omri, un giovane musicista, alto e bello come un vichingo, si ritroverà accusato di complicità in un omicidio; il dottor Asher Caro, un anziano primario vedovo e padre di due figli, dovrà difendersi da accuse di molestie sessuali; una donna, testimone della scomparsa del marito, dovrà dimostrare di non esserne la causa.

Nessuno di loro è colpevole, ma, alla luce di quanto raccontano, neanche totalmente innocente. Bisogna dunque individuare il punto di rottura dell’equilibrio, il momento in cui si capisce che niente potrà più essere come prima e lo scavo dei personaggi apparirà di conseguenza proporzionato alla gravità delle accuse.

Omri, durante un viaggio in Bolivia che rappresenta l’esigenza di assestamento interiore dopo un divorzio che gli ha lasciato ricordi agrodolci e una figlia molto amata, vive la brusca svolta durante l’incontro casuale con una coppia in luna di miele attraverso il pericoloso coinvolgimento erotico e affettivo ottenuto dalla giovane sposa divenuta subito dopo vedova; invece il dottor Caro, per comprendere l’attrazione magnetica provata per una giovane specializzanda, deve ripercorrere a ritroso la relazione con la moglie adorata e cercare l’origine di quello che lui interpretava come istinto di protezione in un atto compiuto molti anni addietro e sepolto nella sua memoria. Allo stesso modo, la donna, rimasta sola e scombussolata ad aspettare invano il ritorno del marito scomparso durante la consueta passeggiata nei frutteti, è costretta a scoperchiare ipotetiche responsabilità delle quali rispondere anche ai propri figli.

Per tutti loro il rientro alla normalità, se tale si può definire ciò che ha subito strappi e lacerazioni, potrà avvenire a costo di dolorose rinunce e di una nuova definizione di ciò che può restituire senso alla quotidianità.

La tradizione ebraica da una parte, presente nell’ultimo episodio tramite l’allusione precisa al Pardès, il giardino dell’Eden di cui si parla nel Talmud, e le istanze di diverse generazioni in bilico tra vecchio e nuovo sono vissute con intensità da un autore molto amato che sa rovistare negli agguati e nelle strettoie di pulsioni non domabili, di giustificazioni logiche atte a tacitare i sensi di colpa, di menzogne lucide indispensabili alla sopravvivenza.

Le vie per l’Eden si mostrano con il loro carico di seducenti richiami e sembrano indicare con chiarezza la strada da percorrere, ma qual è l’Eden che i personaggi di Nevo cercano, quello verso il quale tutti gli esseri umani tendono con la speranza di potervi entrare o quello che ci si è lasciati alle spalle senza averlo riconosciuto? Accade spesso di provare rammarico per le cose a portata di mano che non sono state afferrate, per le parole non pronunciate che bruciano in gola come acido corrosivo, per le fughe del cuore che sono state percepite come bisogni insopprimibili, ma se è vero che il tempo non si srotola al contrario è anche vero che prendere coscienza di ciò che non abbiamo visto o compreso aiuta a sintonizzare mente e corpo in direzione di nuove onde emotive.

Come sempre in Nevo, le parole si poggiano semplici e chiare sulle pagine ma senza ombra di banalità, i dialoghi scorrono agili senza il virgolettato, le interrogative dirette piovono fluide senza l’urgenza delle risposte. Per esse è sufficiente la complicità del lettore che determina, tramite la propria empatica adesione, la riuscita del gioco avviato dall’autore. Gioco senza vincitori, come la vita di ogni essere umano in grado di guardarvi dentro senza inganni.

Eshkol Nevo
Le vie dell’Eden
Neri Pozza editore, Vicenza, 2022
pp. 248
€ 18,00

https://www.scriptandbooks.it/2022/04/03/le-vie-delleden-lultimo-romanzo-di-eshkol-nevo-edito-da-neri-pozza/

anche su Articolo21

https://www.articolo21.org/2022/04/le-vie-delleden-lultimo-romanzo-di-eshkol-nevo-edito-da-neri-pozza/

Tre Piani di Eshkol Nevo

Reperti del dolore. ‘Tre piani’ di Eshkol Nevo, ed. Neri Pozza

@ Agata Motta (27-04-2020)                          Letteratura. Saggistica breve.

Avete presenti quei libri che divorate forsennatamente per sapere come va a finire? Tre Piani di Eshkol Nevo appartiene a questa categoria, ma spiazza il lettore strada facendo, perché, pur illudendolo nell’attesa di un finale che plachi la curiosità, lo soddisfa solo in parte. Delle tre microstorie proposte, infatti, soltanto l’ultima, che è anche la più complessa e avvolgente, ne possiede uno. In sostanza quella che l’autore ha creato è la tensione narrativa e quello che ha tenuto avvinti alle pagine è stato il rovello dei personaggi in parte migrato nelle regioni sensibili delle inquietudini personali.

Con una laurea in psicologia abilmente messa a frutto attraverso l’uso del lessico specifico della disciplina che scolpisce gli arabescati meandri della mente umana, Eshkol Nevo è stato un pubblicitario prima di convertirsi totalmente alla letteratura ed è giunto prepotentemente alla ribalta più con il meccanismo del passaparola che attraverso i canali ufficiali. Dei suoi libri si discetta piacevolmente con gli amici e non è raro trovare i suoi romanzi tra quelli postati sui social come letture consigliate. Ciò nulla toglie a questo raffinato protagonista di una civiltà di transizione, fortemente tentata dall’oblio storico e naturalmente spinta verso un onnicomprensivo virtuale, che  riporta l’uomo e le sue mille contraddizioni al centro del proprio campo d’indagine, l’uomo con le sue relazioni “autentiche” e con il suo patrimonio storico che agisce in chiaroscuro anche quando sembra sepolto e dimenticato.

Marc Chagall (1887-1985)_Het blauwe huis

Marc Chagall, Il sogno di Giacobbe

La sua è un’altra limpida voce che giunge da Israele, dopo quelle già da tempo affermate ed apprezzate della generazione precedente – Abraham Yehoshua, Amos Oz, David Grossman – e con esse condivide la necessità di raccontare storie di disagevoli normalità con lo scavo meticoloso e asettico di un bisturi che si fa spazio dentro i labbri di una ferita infetta, ma senza alcun compiacimento, come mosso da una necessità conoscitiva che trova la sua piena realizzazione nella comunicazione con l’altro, con colui che saprà ascoltare. Già con Nostalgia, pubblicato inizialmente da Mondadori e poi da Neri Pozza, casa editrice che ha continuato a seguire tutto il percorso dell’autore, Nevo aveva raccolto grandi consensi e il successo ha accompagnato anche i lavori successivi.

Tre piani è il penultimo romanzo (seguito a breve distanza da L’ultima intervista sempre per Neri Pozza) che contiene tre lunghi racconti che si incrociano per brevissimi istanti – giusto lo spazio di qualche riga o di qualche periodo in cui il cambio di focalizzazione consente di guardare i personaggi da altri punti di vista – come a voler contenere dentro un’unica cornice narrativa lo srotolarsi di tre vissuti completamente diversi accomunati dal luogo di residenza, una palazzina (che diviene pertanto cornice architettonica) nella zona periferica di Tel Aviv nella quale i tre protagonisti abitano in tre piani diversi.

Marc Chagall, Violinista verde

Come in altri romanzi di Nevo, la casa, luogo di affetti o di disgregazioni, di riconoscimento sociale o di scelte radicali, acquisisce un’importanza simbolica (in costante opposizione al movimento senza meta prestabilita) che, probabilmente, risale al dramma collettivo della diaspora e alla conseguente ossessione di stabilità e di radicamento. Ciò che è stato non si disperde nell’incessante trascorrere del tempo. Ne è dimostrazione una lunga sequenza presente nel testo che narra di una adunata politica giovanile intenta all’esperimento del “sogno collettivo”, e qui torna utile ricordare l’importanza attribuita ai sogni nella cultura ebraica (quanto sogna il giovane Amir in Nostagia!) che nel Talmud li considera come “espressioni di un volere divino” che va interpretato. Viene spiegato che “ogni sogno contiene in sé, oltre agli elementi personali, anche elementi che sogniamo per tutta la società della quale facciamo parte” e si individua ovviamente nella Shoah il livello profondo comune a tutti i sogni di chi vive in quel paese, una sorta di incombente inconscio collettivo presente anche nelle generazioni che non l’hanno vissuta direttamente. Certe tragedie storiche quindi non possono non marchiare a fuoco un popolo e non influire sulle sue scelte individuali e politiche. Ancora in Nostalgia aleggia, con esiti diversi, l’assassinio di Rabin; esso si innesta nel quotidiano senza essere percepito come evidente elemento perturbante ma producendo conseguenze tangibili.

Come è stato più volte sottolineato, i tre piani del romanzo (vale la pena notare il valore simbolico dei numeri, ed in particolare del tre, nella cultura ebraica) coincidono in maniera scoperta con le tre istanze psichiche analizzate da Freud: Es, Io e SuperIo, tanto da ritrovarli esemplificati nei personaggi.

Talmud babilonese

Marc Chagall, Sabbath

Il primo protagonista, Arnon, agisce d’istinto seguendo paure e intuizioni irrazionali ma non eludibili che lo porteranno, nell’implacabile ricerca di una colpa altrui, ad inciampare nei propri errori difficilmente riparabili; nella seconda, Hani, si è guastato il delicato meccanismo della mediazione tra istanze e dell’adattamento alla realtà tipici dell’Io e ciò le farà avvertire come impercettibile il confine tra realtà e immaginazione fino a farla sentire irrimediabilmente calamitata da una condizione di pre-follia pronta a divampare come una scintilla alimentata dal vento; la terza, Dovra, non può che essere un giudice, proiezione corrispondente e simmetrica dell’ultima istanza, il Super Io censore, e lo è in maniera così scoperta da condurla a leggere e commentare l’opera di Freud che cessa, in tal modo, di essere un’ipotesi di riferimento per divenire una dichiarata certezza. Superfluo aggiungere quanto le esperienze pregresse e le relazioni familiari incidano sulle condizioni degli attuali turbamenti dei personaggi.

La forza della narrazione non risiede comunque in quella che potrebbe apparire come una sovrastruttura non indispensabile. A conferire fascino alle storie, oltre al linguaggio sobrio, asciutto, paratattico e pertanto rapido e immediato, con il dialogo libero dal virgolettato e scandito soltanto dalla punteggiatura, è senz’altro la disposizione dei personaggi all’indagine interiore, quel grattare sulla superficie dei fatti per riportare alla luce i reperti di vecchi e insanabili dolori, quella sistematica denuncia delle proprie colpe seguita a corto raggio da arringhe difensive dalle argomentazioni solo in apparenza inoppugnabili. Le rivelazioni dilaganti dei protagonisti sono affidate all’ascolto di interlocutori cui il personaggio/narratore si rivolge direttamente, quasi a prevenirne le obiezioni o a tentare di stornarne il giudizio: un amico scrittore (che potrebbe somigliare allo stesso autore), un’amica lontana da sempre ammirata ed invidiata come modello di perfezione, il marito defunto la cui voce viene riesumata attraverso una vecchia segreteria telefonica. Ed è proprio quel “tu” narrativo di volta in volta diverso che diviene l’altro strumento efficace messo in campo da Nevo per catturare l’attenzione del lettore che, inevitabilmente, finisce per divenire lui stesso privilegiato officiante di un rito simile ad un’intima confessione. Per quanto l’azione si svolga in un rapido presente, il passato si affaccia alla soglia della coscienza per condizionare scelte ed azioni e diviene ulteriore conferma della riemersione del rimosso e del conseguente parziale fallimento di fragili meccanismi di difesa. Basta l’ingresso nella cittadella fortificata dell’Io di un qualsiasi cavallo di Troia – il breve “rapimento” della piccola Ofri, figlia di Arnon, l’arrivo del cognato di Hani, ricercato dalla polizia che chiede temporanea ospitalità, l’incontro occasionale con giovani manifestanti che scardinano le certezze borghesi di Dvora – per ridiscutere codici comportamentali e valori, per imprimere direzioni alternative a monotone consuetudini, per respirare aria pura quando sembra vicina l’asfissia del quotidiano.

Marc Chagall_Russian village

E’ lecito intuire l’epilogo delle prime due storie, Nevo dissemina qualche indizio cui aggrappare le possibili ipotesi di conclusione, mentre apprendiamo con un certo sollievo nella terza storia che è possibile dare una svolta alla propria vita anche in età avanzata, proprio quando sembra non esistano strade praticabili o opportunità per riparare ai danni inferti a chi si ama incondizionatamente, in questo caso al proprio figlio, specie quando esso diventa un “fardello” dal quale, come qualsiasi altra madre, Dvora non vuole liberarsi.

Non resta che aspettare fiduciosi l’arrivo in sala di Tre piani nella trasposizione cinematografica di Nanni Moretti che questa volta non si cimenta su un suo soggetto originale.

https://www.scriptandbooks.it/2020/05/16/reperti-del-dolore-tre-piani-di-eshkol-nevo-ed-neri-pozza/